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La mia maestra

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Il futuro non è più quello di una volta. (Paul Valery)

Dal giardino dell’infanzia, da sempre e per sempre mi accompagnerà il tenero ricordo della mia maestra alle scuole elementari.

E’ una mattina di Gennaio col sole, l’anno è appena cominciato ma già mostra la sua luna storta, passeggio per le vie del mio paese, quando su un manifesto a lutto leggo il nome di colei che fu la mia maestra ai tempi delle elementari: il tempo fugge, lei adesso non c’è più. Erano anni che non la vedevo e non la sentivo, ma la notizia della sua morte mi fa sentire, con tutto il suo peso, il senso di una grande assenza, di una grave perdita. Realizzi in un attimo che non rivedrai più, mai più, un volto e non sentirai più il suono di quella voce, unica e inimitabile com’era. E’ un attimo, ma basta poco per togliere al giardino dell’infanzia un po’ dei suoi colori più belli. Tornano alla mente la lavagna e il gesso, le sue parole, le prime letterine dell’alfabeto, il segno più e il segno meno vergati come un monito e capisci che l’algebra della vita colpisce duro, anche in una mattinata tiepida e dall’apparenza innocua.

Quando non vedi da tanto tempo una persona che ti è cara, in qualche angolo del cuore alberga la balsamica convinzione che avrai ancora qualche occasione per incontrarla , se ci pensiamo è stupido, ma lasciamo che le cose importanti attendano, confuse, tra le tante inutili di ogni giorno. Ricordo le lacrime del primo giorno di scuola e quel fiocco sghembo a forza di tormentarlo, ricordo le sue mani, le mani dolci e forti della mia maestra, sistemarmi la sciarpa in una gelida mattina d’inverno alla fine della lezione a protezione della mia salute di cristallo sulla via di casa, peraltro breve, ma non per questo meno bisognosa di amorevole soccorso.

Ti torna in mente una ricreazione e una campanella: cara maestra come è stata inclemente quest’ultima campanella senza un ritorno in classe, con una cattedra solo tra le bianche nuvole. Ci sono cose che non ritornano più, è inutile stare ad aspettarle, hanno smarrito l’indirizzo di casa. Gli anni dell’infanzia, la scuola elementare di Piazza San Lussorio, il grembiulino appena stirato, questa maestra severa il giusto e con un grande cuore. E’ stata lei ad insegnarmi a leggere e a scrivere, mi ha insegnato la vita che inizia, e cresce dentro una scuola.

Ripenso ai miei compagni e li rivedo in una sbiadita foto di gruppo, come eravamo diversi gli uni dagli altri, come eravamo in fondo uguali: piccoli soldatini spediti alla trincea della vita, con un destino da scrivere, ma con la voce rassicurante della maestra alle nostre spalle. Oggi quella voce non ci scorta più, se non nel ricordo inesausto.

La scuola è un cosa seria e la mia maestra mi ha trasmesso l’amore incondizionato per le cose vere e serie. Penso al suo anziano marito, anche lui maestro di una scuola scomparsa, da oggi un po’ più solo senza la compagna di una vita al suo fianco.

Alla fine della quinta elementare mi regalò un libro, Ventimila Leghe Sotto i Mari di Giulio Verne, con una dedica: a William con affetto perché non dimentichi mai gli anni trascorsi sui banchi della scuola elementare, Ada Piras. Non li ho mai dimenticati quegli anni, mia cara maestra; li porterò per sempre qui nel mio cuore, insieme a lei e ai miei compagni di allora.

Per qualche istante torno in classe e con la stessa calligrafia incerta di allora provo a scrivere di nuovo per la prima volta quella prima vocale, quella A di Amore e Amicizia, perché da lassù lei continuerà ad insegnarmene il significato più autentico e vero e niente sarà perso per sempre.

Fa freddo senza di lei in quest’aula, esco a fare due passi al sole per accompagnarla in questo sabato pomeriggio lungo la solita vecchia salita delle anime. Ho un piccolo rammarico: una visita che avrei voluto farle e che non ho fatto in tempo, perché, stupidamente, noi uomini pensiamo che avanzi sempre del tempo, anche quando non ce n’è più. Le voglio bene Maestra, le voglio bene cara Ada Piras, Maestra di preclare virtù e donna onesta di un tempo che non c’è più.

William Collu

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