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Quando brucia la casa del tuo vicino, la cosa ti riguarda, e molto. (Orazio Flacco)
Sono tempi in cui si parla di democrazia televisiva o, peggio, di democrazia sospesa e fittizia; si lamenta da più parti la mancanza o inconsistenza di spazi dove discutere e confrontare civilmente le proprie idee; quei luoghi che un tempo erano le sedi dei partiti di massa o le piazze o le pubbliche assemblee che, nel tempo, sono stati cancellati e resi desueti dalle nuove forme di comunicazione e da un più generale riassetto della vita politico-sociale del paese in cui viviamo. Sono tempi in cui ci misuriamo con gli altri in consessi virtuali, al riparo di profili creati su internet, e brandendo la tastiera dei nostri computer, come fossimo incorruttibili paladini della verità o depositari onniscienti di una tuttologia invero tutta da dimostrare e piuttosto opinabile. Nessuna nostalgia di un passato più o meno recente, dove pure non mancavano distorsioni e vulnus alla beneamata democrazia. Più semplicemente vagheggio la possibilità di tornare a frequentare le piazze del nostro paese che, anche quando non sono chiuse, per interventi più o meno discutibili di restyling, risultano desolatamente vuote. Forse dovremmo abbandonare, almeno per qualche ora al giorno, gli spazi virtuali del web che, ove assunti come unico paradigma di relazione interpersonale, da una parte danno l'illusione di metterci in contatto col mondo intero, mentre dall'altra finiscono per disancorarci dalla realtà locale in cui cresciamo, rendendoci nel tempo e inavvertitamente figli di una sorta di terra di nessuno. Come cittadini dobbiamo tornare ad essere presenti, vivere le nostre città, smettere la fisionomia incerta di impalpabili fantasmi e riappropriarci della nostra personalità che è fatta non soltanto di idee, ma anche di volti cui poterle attribuire. Nelle piazze nascevano amicizie e amori, e sempre le piazze erano spesso la culla di una democrazia nascente o, meno enfaticamente, luoghi facilmente accessibili di un dialogo continuo e costruttivo. Erano gli anni ottanta, e passeggiavamo con le nostre Timberland nella vecchia e mai dimenticata piazza San Lussorio; lì incontravamo gli amici, ed è sempre lì, che conoscemmo la Venere di Torino che, nell'ormai lontana estate del 1990, finite le vacanze, si porto via i nostri cuori adolescenti. Ogni generazione ha un linguaggio suo proprio ed una formazione civica e sentimentale legata a luoghi assolutamente indimenticabili. Passano intanto gli anni, ma c'è ancora chi resiste ai tempi che cambiano, al vento freddo che invita a starsene a casa, c'è ancora, non lontano da qui, un tavolo e due vecchie sedie, dove un gruppo di amici, sotto una bandiera sbiadita, si incontra a sera per fare due chiacchiere e non perdere il gusto dello stare insieme. Lungi dai dibattiti televisivi e dai profili di facebook, qui ogni giorno nasce e comincia la democrazia.
P.S: Dedicato a chi abbaia ancora alla luna, ai flanèr, ai perdigiorno, a chi ama la conversazione, a un tavolino intorno al quale si riuniscono ancora dei vecchi amici, a chi ogni giorno, accettando che anche gli altri abbiano le loro opinioni, pianta il seme della democrazia, a mio padre e a mia madre, a tutte le mie muse più o meno inconsapevoli, a te che leggerai queste poche righe.
William Collu
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